Quando ci troviamo di fronte a un bivio professionale, come può capitare in questo periodo storico, una delle domande da porci prima di prendere qualsiasi decisione: siamo felici del nostro percorso?
Durante la carriera professionale di ciascuno di noi, alzarsi la mattina e sentirsi contenti e fortunati di fare ciò che facciamo sia una grande conquista. Non è un risultato molto facile da raggiungere e, molto spesso, dipende da una strategia ben definita. Definire le nostre priorità e quali fattori ci motivano sul lavoro è cruciale.
L’engagement delle risorse è stato – e lo è ancora oggi – oggetto di grandi ricerche per cercare di capire cosa motiva il singolo nel proprio lavoro e come fare per aumentare questa motivazione. Avere dipendenti e collaboratori motivati è un fattore critico di successo in ogni azienda.
A metà degli anni ’70, ad esempio, sono apparsi, all’interno di alcune società, gli incentivi economici (che possiamo trovare sotto varie diciture come variabile, bonus, premi di risultato) perché si credeva che dando questo genere di premi le persone aumentassero le proprie performance.
I due fattori motivazionali della teoria di Kerzberg
La teoria di Herzberg indentifica due fattori motivazionali: igienici e motivanti. I primi sono quegli elementi, come la parte retributiva, che se sono al di sotto del livello che si considera accettabile si trasformano in fattori demotivanti e che, se sono al di sopra di quel livello, non rappresentano una spinta a fare di più. Un altro fattore igienico è, inoltre, lo spazio di lavoro: stare in un ufficio poco accogliente può essere motivo di demotivazione, ma non è detto che un luogo particolarmente sontuoso possa essere (sempre) un elemento che garantisce performance migliori.
I motivanti, invece, sono tutti quegli elementi che possono davvero rappresentare la spinta per fare molto di più. Pensiamo ad esempio ad un lavoro sfidante, ai riconoscimenti per i risultati ottenuti, alle responsabilità, all’opportunità di fare qualcosa di significativo o al coinvolgimento nel processo decisionale.
La retribuzione può non rappresentare la felicità lavorativa e la dimostrazione del successo. In alcuni casi, se una persona ha la possibilità di fare un lavoro che considera appagante, il fattore economico – dando per scontato che ogni lavoro deve essere adeguatamente pagato e deve permettere di avere una vita decorosa – non è il primo da considerare.
Quando ragioniamo sulla nostra vita professionale, quindi, non possiamo tralasciare in quale direzione desideriamo andare e quali siano gli elementi motivanti per ciascuno di noi. E questo vale ancora di più se abbiamo necessità di aggiornare le nostre competenze e dobbiamo investire tempo e denaro.